Io non sono un'esperta di geopolitica e nemmeno uno stratega. Non ho neanche
sufficienti conoscenze in materia per esprimere opinioni e giudizi,
per fare analisi o per fornire soluzioni riguardo i fatti drammatici
di questi giorni. Sono solo una persona comune inorridita, come tante
persone comuni, dalla violenza, dal fanatismo,
dall'intolleranza e dalla guerra. Da qualunque parte provengano.
Posso
fare poco per cambiare le cose, la mia opinione non conta nulla nella
Babele di voci che si stanno alzando dopo l'attentato di Parigi.
Posso solo informarmi, cercare di capire cosa sta succedendo. E non posso fare a meno di riflettere e condividere i miei pensieri con chi ha la voglia e la
pazienza di ascoltarmi o leggermi.
Siamo
tutti rimasti sconvolti dall'azione crudele di quei pochi uomini
contro la vita di tante persone innocenti in un 13 novembre che
rimarrà nella nostra memoria. E io non ho potuto fare a meno di
pormi questa domanda: ma io, sono innocente?
"Chi
uccide un uomo, uccide l'umanità intera". Risuona oggi questo
verso del Corano, svelato a noi dai molti musulmani inorriditi come
noi da quello che è successo.
Ma
allora, quando infilo la pompa della benzina nella mia macchina,
sapendo che il petrolio è responsabile di tante guerre e tante
morti, sono innocente? Quando compro i biscotti al cioccolato,
sapendo che quel cioccolato è prodotto da aziende che non si fanno
scrupoli a rapire e sfruttare bambini per coltivare il cacao, sono
innocente? Quando acquisto le banane, sapendo che chi lavora in quei
campi lavora in condizioni vergognose, sono innocente? Quando godo di
tutto il mio benessere, la casa, la macchina, dei bei vestiti, il
cellulare e il computer e il cibo tutti i giorni, sapendo che questo
benessere è garantito dal malessere, dalla fame e dalla morte dei
due terzi della popolazione mondiale e mantenuto anche dalle guerre
che io ripudio, sono innocente?
Tempo
fa mi sono trovata a rispondere alla fatidica domanda sull'esistenza
di Dio: ma se Dio esiste, perché non fa niente, per esempio, contro
la fame nel mondo? Ho risposto, con l'umiltà della mia ignoranza, dicendo che i tempi di Dio non sono i
tempi dell'uomo e che l'opera di Dio deve passare attraverso di noi.
Siamo noi che dobbiamo lavorare per far cessare quest'ingiustizia. Se
dei miei tre figli uno si prendesse una mattina tutti i biscotti, non
glie li strapperei a forza per darli agli altri due perché non
otterrei il risultato sperato: otterrei solo che, colui al quale li
tolgo, si arrabbierebbe con gli altri due e con me e la volta dopo
farebbe forse lo stesso. Cercherei invece di fargli capire che tutti
devono avere lo stesso, fino ad ottenere che sia lui a cedere la
parte che spetta agli altri. Dio allora cosa dovrebbe fare? Aumentare
la quantità di cibo sulla terra? Ce lo accaparreremmo di nuovo tutto
noi. Allora dovrebbe fare un'azione di forza: dovrebbe fare in modo
che chi muore di fame si prenda il cibo e le risorse che gli
spettano. E come? Con la forza? E allora grideremmo all'ingiustizia
come gridiamo all'ingiustizia quando flussi di popoli fuggono dai
loro paesi per venire da noi, per attingere a quel cibo e a quelle
ricchezze che rubiamo a loro. Come gridiamo all'ingiustizia quando la
nostra sicurezza è minata da attacchi terroristici nati in seno a
popoli ai quali forse manca qualcosa di fondamentale di cui noi ci
siamo appropriati ingiustamente.
Non è
mia intenzione giustificare nulla, ma cerco delle motivazioni. Non riesco
a giustificare una guerra che dovrebbe (a detta di chi la proclama)
difenderci, figurarsi se potrei giustificare degli atti terroristici.
E per spiegarmi meglio voglio usare le parole di una delle
voci, tra le tante, che mi ha colpito molto in questi giorni, una
delle poche che parlano di pace. Quella di Tonio dell'Olio, redattore
di Mosaico di Pace, che è la stessa di Renato Sacco, coordinatore
nazionale di Pax Christi e anche lui redattore dello stesso giornale.
Quello che loro dicono è semplice: invece della guerra cercare di
percorrere strade diverse, che
non sono mai state percorse.
Tonio dell'Olio dice: «Se in Afghanistan avessimo bombardato le
popolazioni col pane invece che con le bombe di una presenza militare
senza precedenti, forse avremmo conquistato intere popolazioni alle
ragioni della pace». Sacrosanta verità inascoltata.
Concludo dicendo dunque che non mi stancherò mai di sventolare la bandiera della pace e di insegnare ai miei figli a farlo. Perché pace non vuol dire solo assenza di guerre. La pace si costruisce ogni gionro, con le nostre azioni e con la nostra vita.
Concludo dicendo dunque che non mi stancherò mai di sventolare la bandiera della pace e di insegnare ai miei figli a farlo. Perché pace non vuol dire solo assenza di guerre. La pace si costruisce ogni gionro, con le nostre azioni e con la nostra vita.